Lavoro notturno: Italia maglia nera d'Europa

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Lavoro notturno: il Belpaese maglia nera d’Europa. A rivelarlo è l’Ufficio studi della Cgia che ha elaborato i dati Eurofound 2015. In Italia solo il 13,1 per cento degli occupati (circa 3 milioni di addetti) si reca in fabbrica o in ufficio e timbra il cartellino nelle ore notturne (dalle 22:00 alle 5:00) almeno una volta al mese. La media Ue, invece, si attesta al 19,1 per cento, mentre in Germania la quota di lavoratori notturni si attesta al 16,4, nel Regno Unito al 21,7, in Spagna al 21,9 e in Francia al 22,5.

Principali Paesi e Unione Europea Percentuale di occupati che, almeno 1 volta al mese, lavora …
… la notte … durante il weekend
ITALIA 13,1 58,0
GERMANIA 16,4 48,3
REGNO UNITO 21,7 58,9
SPAGNA 21,9 55,9
FRANCIA 22,5 50,1
UNIONE EUROPEA (28) 19,1 53,7

Tradizionalmente i più interessati dal lavoro notturno sono le attività che prevedono il pieno utilizzo degli impianti, i giornalisti, i tecnici della comunicazione radio e Tv, i tipografi, gli addetti ai trasporti pubblici-privati e alla manutenzione delle grandi opere viarie, i netturbini, il personale medico e infermieristico occupato negli ospedali, la vigilanza, le forze dell’ordine, gli allevatori di bestiame, i pescatori, i lavoratori dei mercati ortofrutticoli e ittici all’ingrosso, i bar, i ristoranti, i night club e i locali di pubblico spettacolo, i call center e i centri di elaborazione dati.

Non sono da trascurare nemmeno molte categorie artigiane interessate da questo fenomeno: come i panettieri, i pasticceri, gli autotrasportatori, i taxisti, gli autonoleggiatori con conducente, i bus operator, i produttori-venditori di cibi da strada e le imprese di pulizia. “La ragione di un’incidenza percentuale così bassa – esordisce il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – va ricercata nella dimensione media molto contenuta delle nostre aziende. Ricordo che in Italia il 98 per cento delle imprese ha meno di 20 addetti e in queste piccole aziende trova lavoro oltre il 60 per cento del totale degli occupati nel settore privato. Nel manifatturiero, ad esempio, solo nelle medie e grandi imprese è possibile organizzare l’attività produttiva a ciclo continuo, nelle micro imprese, invece, questo è estremamente difficile”.

Questa specificità tutta italiana condiziona i nostri livelli produttivi? “In parte sì – prosegue Zabeo – anche se prima dei risultati economici in senso stretto, il sistema produttivo deve prioritariamente puntare al benessere e alla salute delle maestranze, migliorando gli ambienti e le condizioni di lavoro, riducendo al minimo i rischi di infortuni che nelle ore notturne sono nettamente superiori alle altre fasi della giornata”.

Se l’Italia è in coda nella classifica europea dei lavoratori occupati di notte, recuperiamo molte posizioni quando analizziamo la percentuale di addetti impiegati almeno una volta al mese durante il fine settimana. Rispetto ad una media europea del 53,7 per cento, in Italia la percentuale si attesta a quota 58, in Germania, invece, è al 48, 3 per cento, in Francia al 50,1 per cento e in Spagna al 55,9 per cento. Tra i big europei solo il Regno Unito (con il 58,9 per cento), presenta un risultato superiore al nostro. “La maggiore disponibilità a lavorare nei weekend – conclude Zabeo – va in gran parte ricondotta al fatto che siamo un Paese ad alta vocazione turistica che coinvolge le località montane e quelle balneari, le grandi città, ma anche i piccoli paesi. E quando le attività turistico-ricettive sono aperte anche la domenica, ad esempio, i settori produttivi collegati, come l’agroalimentare, la ristorazione, i trasporti pubblici e privati, i servizi alla persona, le attività manutentive eccetera sono incentivate a fare altrettanto”.

Immagine: Hardworking Businessman Working Late Night | Free vector by Vector Open Stock

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