L'embargo russo costa caro all'agricoltura veneta

FacebookTwitterLinkedInWhatsAppEmail

«L’embargo russo ha peggiorato una crisi, quella dell’ortofrutta, già grave. Oltre alle perdite economiche per il mancato export, a preoccupare è l’effetto domino. Infatti la situazione dell’Italia è comune anche ad altri paesi che, a seguito dell’embargo riverseranno le loro produzioni all’interno della Comunità europea. La Polonia, ad esempio, esporta notevoli quantità di mele verso la Russia ora questi quintali di frutta saranno immessi nel mercato europeo, con effetti ingovernabili anche sui prezzi». Mauro Tonello, vice presidente della Coldiretti, ha commentato così il momento attuale che sta vivendo il comparto ortofrutticolo in seguito all’embargo russo ma non solo. Il suo intervento è avvenuto a Verona, in occasione di un incontro organizzato martedì 2 settembre 2014 dalla Coldiretti provinciale a cui hanno partecipato oltre un centinaio di persone tra presidenti di sezione, imprenditori agricoli di Verona, Padova e Rovigo. Erano presenti anche Giorgio Piazza e Pietro Piccioni, rispettivamente presidente e direttore della Coldiretti Veneto, Claudio Valente e Giuseppe Ruffini, a loro volta presidente e direttore di Coldiretti Verona, Mauro Giuriolo, presidente di Coldiretti Rovigo e Federico Miotto presidente di Coldiretti Padova.

L’embargo russo, in generale, costerà al Veneto una perdita di volumi d’affari, di quote di mercato, di posti di lavoro. Il Veneto, secondo la ricerca prodotta dal Servizio studi del Consiglio veneto, complessivamente ha esportato in Russia, nel 2013, merci per 1,8 miliardi di euro (erano 1,2 nel 2010) ed ha importato per 554 milioni. Vicenza è la provincia che esporta di più, per un valore complessivo che nel 2013 si è attestato sui 495 milioni di euro. Seguono Treviso, con 387 milioni, Padova, 383, Verona a quota 363 (in aumento rispetto ai 246 milioni del 2010), Venezia a 132, Belluno, a 57 milioni e Rovigo, a 15 milioni.

«La problematica deve essere affrontata sul territorio in modo condiviso. Questa situazione drammatica potrebbe essere l’occasione per rivedere il sistema di filiera», ha sottolineato Giorgio Piazza, che ha suggerito la creazione in Veneto di «camere di compensazione, in forma associata o privata, per sopportare i periodi di calo di domanda. In questo modo si potrebbe stoccare la frutta a prezzi accettabili, riducendo le perdite. Questa soluzione, in forma cooperativa, viene già adottata in Trentino per la frutta e i risultati sono buon. Ma l’embargo dovrebbe servire anche ad altro, secondo Piazza: «La Russia assorbe il 10% della produzione di ortofrutta nazionale, percentuale che può essere compensata attraverso altri mercati, anche quello interno. Ma è necessario ripensare a una promozione dei prodotti».

«I 125 milioni complessivamente stanziati dalla Commissione per tutta l’Unione Europea a seguito della crisi del comparto e del blocco delle importazioni in Russia di alcune categorie di prodotti alimentari – ha aggiunto Tonello – non sono sufficienti a fronte dei danni diretti e indiretti che si stanno verificando. Questi fondi andrebbero incanalati nella promozione sul mercato interno dove c’è margine di crescita, attraverso messaggi efficaci rivolti al consumatore italiano: qualità e salubrità dei nostri prodotti sono superiori a quelle del resto d’Europa. E a tal proposito sarebbe opportuno sollevare ancora una volta la questione che in Europa ci sono regole diverse per i produttori, differenze tra noi e gli altri Paesi. Ma per fare questo il governo deve impegnarsi nel monitoraggio dei costi, perché vanno eliminate le differenze dei prezzi alla vendita. L’attuale modello di distribuzione è discutibile, l’impressione è che viga la legge del più forte».

Complessivamente si stima che solo per l’Italia siano state bloccate spedizioni di prodotti agroalimentari per un valore di circa 200 milioni di euro tra ortofrutta, carni, salumi, latticini e formaggi. «Ma ai danni diretti – ha aggiunto Tonello – si sommano quelli indiretti dovuti alla perdita di immagine e di mercato provocata dalla diffusione sul mercato russo di prodotti di imitazione che non hanno nulla a che fare con il Made in italy ma anche la possibilità che vengano dirottati sul territorio nazionale i prodotti agroalimentari di bassa qualità di altri paesi che non trovano più uno sbocco nel Paese di Putin».

Tonello ha, inoltre, giudicato tardivo l’intervento annunciato dal commissario Europeo Dacian Ciolos a sostegno delle pesche e nettarine in crisi per l’anomalo andamento stagionale che ne ha rallentato i consumi e accavallato i periodi di maturazione con l’aggravio del blocco delle importazioni da parte della Russia. «A questo punto – ha detto – per accelerare i tempi per il prodotto in eccesso occorre individuare, insieme alla beneficenza e alle altre destinazioni, strumenti straordinari per compensare le gravi perdite del settore. E’ necessario, soprattutto – conclude Tonello – compensare le risorse disponibili per la promozione a livello nazionale per aumentare l’efficacia di intervento ed evitarne la dispersione».

Ti potrebbe interessare