Consulenti del lavoro: "Siamo i telelavoratori (gratis) della PA"

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Dopo oltre un decennio di sistematica informatizzazione della Pubblica amministrazione è ora che la stessa ammetta di aver creato, senza concertazione ma imponendo obblighi e negando diritti, una nuova qualifica per tutte quelle libere professioni che con la PA si interfacciano quotidianamente: l’intermediario telematico. Forte di uno studio, condotto internamente e presentato oggi in assemblea, l’Ancl, il sindacato unitario dei consulenti del lavoro, vuole essere l’apripista di un confronto con i ministeri competenti (Funzione pubblica, Lavoro ed Economia) per vedere riconosciuta giuridicamente la figura del professionista intermediario telematico, avere quindi doveri certi ma soprattutto acquisire diritti finora negati a tutti i professionisti (quasi 1,5 milioni fra consulenti del lavoro, commercialisti, tributaristi, avvocati, notai etc.), che svolgono di fatto un servizio di pubblica necessità.

La commissione di studio, guidata dalla coordinatrice del Centro studi nazionale Paola Diana Onder e composta dai consulenti del lavoro Emiliano Drazza, Rodolfo D’Aquilio (Lazio), Claudio Faggiotto (Emilia-Romagna), Roberto Sartore (Veneto), Samuele Selleri e Federico Tracucci (Umbria), ha dimostrato come la telematizzazione delle comunicazioni ai e dagli enti pubblici, in corso dal 1998 ma con una accelerata dal 2005, ha reso i professionisti dei telelavoratori autonomi della PA a costo zero, responsabili qualificati e abilitati dalla PA stessa (tramite l’attribuzione di codici di accesso) di tutto ciò che è data-entry negli archivi digitali degli enti. Dall’inoltro delle dichiarazioni fiscali, ai calcoli contributivi delle retribuzioni, alle denunce di infortunio etc: parliamo di milioni di dati diversi, basti solo pensare che i consulenti del lavoro mensilmente gestiscono le paghe di 7 milioni di lavoratori del milione di aziende che assistono. Gli adempimenti di esclusiva competenza della PA sono stati nel tempo “scaricati” dalla stessa al professionista: una esternalizzazione voluta dalla PA, che da un lato ne decide arbitrariamente le scadenze imponendo così agli studi l’agenda lavorativa, dall’altro ci guadagna in qualità e in risparmio. Il solo Inps, per esempio, nel 2010 ha calcolato che il lavoro di data-entry vale 20 milioni di euro. Mentre i costi per i professionisti fra aggiornamento continuo della strumentazione, connessione e formazione propria e dei dipendenti (i software perlomeno al momento restano gratuiti poiché imposti, peccato che ogni ente pubblico abbia il suo, come ogni ente privato con “veste” pubblica, es. le Casse edili) sono cresciuti fino a rappresentare il 10% della spese di gestione dello studio. Con la beffa, ritenuta una discriminazione, di aver visto tolto dal 1° gennaio 2012 l’unico riconoscimento avuto sinora per una parte del lavoro svolto, ovvero 1 euro per ogni dichiarazione fiscale inoltrata, compenso invece che resta per i patronati. Evidenziando quindi la figura dell’intermediario telematico come un «collaboratore in telelavoro diretto della PA, le cui competenze crescono in misura inversamente proporzionale alla diminuzione degli organici della PA», lo studio dell’Ancl si conclude con una proposta di statuto di questa nuova figura affinché ai professionisti vengano riconosciuti i diritti basilari dei lavoratori: riposo, malattia, maternità, sciopero. Non solo, anche il diritto del sindacato a partecipare come parte sociale ai tavoli sulla digitalizzazione della PA con l’obiettivo di arrivare a un sistema informatico unico di dialogo con la stessa.

Commenta Francesco Longobardi, presidente nazionale Ancl: «Noi consulenti del lavoro siamo l’anello di congiunzione fra PA e cittadino o impresa, e sosteniamo questa modernizzazione, che ha fatto evolvere anche la nostra professione, ma è inammissibile che la PA eluda la coscienza dei diritti che abbiamo acquisito. Il nostro obiettivo è il riposizionamento sociale della categoria, soprattutto per tutti quei giovani, sempre più numerosi, che si affacciano alla libera professione».

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