Veneto, Pil nel baratro: si torna ai livelli del 2000

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Il Veneto fa un salto indietro di 13 anni: nel 2013 il Pil regionale è crollato del -1,6% rispetto al 2012 riportando il Veneto sotto i livelli del 2000. Rispetto al 2007 il Veneto ha perso 10,5 punti di Pil (e quasi 12 punti di Pil pro capite), “bruciando” in termini reali circa 13,5 miliardi di euro (3.500 euro a testa), cioè tutto quello che l’economia regionale aveva prodotto dall’inizio del decennio. Il tutto in un contesto che nel 2013 ha visto il Pil mondiale crescere del +3%, l’Eurozona calare del -0,5% e l’Italia del -1,9%. Le previsioni per il 2014 stimano per il Veneto una ripartenza con un incremento del +1%. Il quadro dell’economia regionale è stato illustrato stamattina durante la presentazione del rapporto L’economia del Veneto nel 2013 e previsioni 2014 realizzato dal Centro studi Unioncamere Veneto.

Elaborazione Venetoeconomia.it su dati Unioncamere del veneto

Elaborazione Venetoeconomia.it su dati Unioncamere del veneto

La flessione del Pil regionale (-1,6%) risulta migliore di Piemonte (-1,8%) e Toscana (-1,7%), ma peggiore di Lombardia (-1,1%) ed Emilia Romagna (-1,5%). Sull’andamento del Pil hanno influito ancora la caduta della domanda interna (-2,5%), ascrivibile alla flessione dei consumi delle famiglie, ma soprattutto il cedimento degli investimenti fissi lordi (-5,2%), condizionati dall’inasprimento delle condizioni di credito e dai ritardati pagamenti delle amministrazioni locali legate dal patto di stabilità. Le esportazioni continuano a rappresentare l’unica fonte di crescita: l’export ha registrato un valore di 52,6 miliardi di euro con un incremento del +2,8%.

I dati veneti 2013

  • Nel 2013 il numero di imprese attive è sceso di oltre 8.000 unità: dall’inizio della crisi il sistema imprenditoriale veneto ha perso più di 20mila attività produttive.
  • Ennesima pesante contrazione delle imprese artigiane: -2,4% pari a 3.275 imprese.
  • Il mercato del lavoro ha chiuso il 2013 con un saldo occupazionale negativo di oltre 18mila posti, il peggior dato dopo il tracollo del 2009 (-40mila unità). Le ore autorizzate di Cassa integrazione ordinaria hanno registrato una diminuzione (26,4 milioni), mentre quelle di Cassa integrazione straordinaria un nuovo incremento (oltre 44 milioni).
  • In crescita la produzione agricola (+3%) con 5,5 miliardi di euro di fatturato, anche se cala il numero di imprese (-6,5%).
  • Negativo il 2013 dell’industria manifatturiera: sulla base dell’indagine VenetoCongiuntura, la produzione industriale ha registrato una flessione media annua del -0,8% evidenziando le maggiori difficoltà tra gennaio e marzo (-2,9%) fino ad arrivare a un cambio di segno (+1,4%) a fine anno.
  • La produzione è diminuita in tutti i settori tranne nel comparto delle macchine elettriche ed elettroniche (+1,6%). Il mercato delle costruzioni ha perso il 7% di investimenti: -11,7% la nuova costruzione, -3,5% il rinnovo in parte sostenuto dalle politiche del Piano casa.
  • Ancora giù l’andamento delle vendite al dettaglio (-2,2%), anche se la dinamica è apparsa in miglioramento negli ultimi trimestri.
  • Nel 2013 è proseguita la contrazione dell’attività di prestito del sistema bancario (-3,4%) con una flessione del -0,9% di finanziamenti alle famiglie e un incremento del +6,4% dei depositi.

Previsioni 2014: lieve crescita (+1%)

Nel 2014 l’economia dovrebbe mantenere un trend di debole crescita. Secondo le stime più recenti, il Veneto registrerà un incremento del Pil pari al +1%, in linea con quello del Nordest. L’aumento sarà determinato dalla dinamica positiva delle esportazioni (+3,3%) e dal recupero della domanda interna, evidenziato anche dall’accelerazione delle importazioni (+3,8%). Gli investimenti sono attesi in crescita del +1,3%, mentre meno marcata sarà la ripresa dei consumi delle famiglie (+0,4%). L’occupazione rimarrà invariata (+0,1%), mentre il tasso di disoccupazione dovrebbe toccare l’8% in media d’anno.

La fase recessiva si abbatte sul turismo

La fase recessiva si è abbattuta anche sul turismo: a fronte di un sostanziale miglioramento degli arrivi (+1,1%), le presenze si sono contratte del -1,3% portando i pernottamenti poco sopra i 61,5 milioni. Gli stranieri hanno costituito il 65,5% degli ospiti. Nel 2013 gli scali aeroportuali veneti hanno segnato un incremento del traffico cargo del +9,7% con uno scambio superiore a 50mila tonnellate di merci, grazie all’aeroporto “leader” Marco Polo di Venezia , mentre i passeggeri (oltre 13 milioni) hanno registrato un decremento del -3,1%.

Zilio: ora riforme strutturali

«In un momento particolarmente difficile in cui sono in atto molte riforme e una spending review pesante, il Veneto sta dimostrando di aver saputo reggere. Grazie all’export la regione è rimasta la locomotiva d’Italia e le previsioni danno qualche speranza, anche se lo Stato non ci ha aiutato in questi anni. Confidiamo che le riforme in atto siano strutturali ma che non vadano a penalizzare chi lavora bene, perché la forbice non può tagliare buono e cattivo senza distinzione. Le Camere di Commercio sono fondamentali, è vero che ricevono un contributo dalle imprese ma distribuiscono moltissimo. Nell’ultimo anno il sistema delle Camere di Commercio italiane ha investito 85 milioni di euro per favorire l’accesso al credito delle Pmi con un elevato effetto moltiplicatore. Ha organizzato 400 missioni commerciali all’estero per favorire le imprese nei processi di internazionalizzazione. Ha fornito a magistratura e forze dell’ordine più di 6,5 milioni di accessi al Registro Imprese per le proprie indagini di contrasto alla criminalità. In un contesto caratterizzato da pubbliche amministrazioni che risaltano per inefficienza e sprechi, il sistema camerale è un esempio di sistema pubblico efficiente, che costa poco e funziona bene. Tornando ai dati, a fronte di un export che continua a trainare l’economia sbattiamo contro un mercato interno che arranca, avvitato su se stesso a causa dell’eccessiva tassazione, dei troppi vincoli e burocrazia, senza dimenticare la concorrenza sleale di alcune dinamiche globali che stanno penalizzando i mercati tradizionali».

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