Consulenti del lavoro a rischio: L'Ancl lancia l'allarme

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Riceviamo dal presidente regionale dell’Associazione nazionale consulenti del lavoro Alessandro Bonzio una lettera che lancia l’allarme contro una disposizione contenuta nel pacchetto di norme di riforma dell’avvocatura, che taglia fuori dalla consulenza fiscale e tributaria destinata ai lavoratori autonomi i consulenti del lavoro, a vantaggio degli avvocati. Pubblichiamo l’intervento completo del presidente Bonzio.

I consulenti del lavoro in Veneto sono circa duemila. Almeno un terzo di loro da una decina di giorni rischia di perdere una parte considerevole del proprio pacchetto clienti. Per alcuni il “considerevole” significa quasi la totalità del lavoro. Il motivo sta tutto nella riforma dell’avvocatura, entrata in vigore il 2 febbraio, che nell’affidare ai soli avvocati l’assistenza legale “stragiudiziale” (questa la parola fondamentale), li trasforma in una sorta di super-consulenti a scapito delle altre professioni regolamentate. Per i consulenti del lavoro ciò significa essere tagliati fuori dalla consulenza fiscale e tributaria destinata ai lavoratori autonomi. Un settore che nella nostra regione, a forte vocazione artigiana, in alcune aree consiste nella maggioranza dei clienti dei consulenti del lavoro, i quali ora non potranno più rivolgersi al loro professionista di fiducia.

È pur vero che i consulenti del lavoro, per legge, sono competenti per l’amministrazione del personale dipendente. Ma è altrettanto vero che la loro prestazione professionale è rivolta anche ai lavoratori autonomi da sempre, da prima che la professione venisse regolamentata con la nascita dell’Ordine nel 1979. E c’è una ragione che si può definire “storica”: solo dal 2007 la laurea (in Economia, Giurisprudenza, o Scienze Politiche), è obbligatoria per accedere alla professione di consulente del lavoro. Nei decenni passati chi avesse sviluppato valide competenze in materia fiscale e tributaria, ma non avesse avuto il titolo accademico giusto, o non potesse conseguirlo, per diventare avvocato o dottore commercialista, diventava consulente del lavoro. Ci troviamo quindi ora con una realtà di fatto: consulenti del lavoro che hanno un patrimonio di competenze professionali, magari maturato in trenta-quarant’anni di attività, e che, vuoi per la particolare area in cui operano, annoverano come parte importante del proprio pacchetto clienti lavoratori autonomi, che ora non possono più assistere. L’occuparsi “anche” di materie fiscali e tributarie riguarda mediamente la metà dei consulenti del lavoro veneti, con una punta dell’oltre 70 per cento a Rovigo. L’occuparsi “esclusivamente” di materie fiscali e tributarie riguarda invece circa il 15 per cento dei colleghi.

È davvero paradossale che una norma trasformi dal giorno alla notte in “incompetenti” dei professionisti, invece, di comprovata esperienza che ora si trovano a rischiare non solo la perdita di lavoro, ma anche denunce di esercizio abusivo della professione. Gli effetti della riforma dell’avvocatura sulla categoria dei consulenti del lavoro sono stati chiaramente sottovalutati nell’iter della sua approvazione. Dal Veneto, dove questi effetti sono già evidenti, vogliamo lanciare l’appello per attivare le opportune iniziative per trovare delle soluzioni.

dott. Alessandro Bonzio – presidente Ancl Veneto

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