Chiusure domenicali: Di Maio accelera, i commercianti approvano

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Lo aveva annunciato a giugno e lo ha ripetuto ieri dalla Fiera del Levante di Bari. Il ministro dello sviluppo economico e del lavoro Luigi Di Maio conferma che «entro l’anno approveremo la legge che impone lo stop nei fine settimana e nei festivi ai centri commerciali»: giovedì infatti la commissione Attività produttive della Camera inizierà l’esame dei disegni di legge sulle chiusure domenicali, con l’obiettivo di superare il decreto Salva Italia varato nel 2011 dal governo Monti. Una svolta largamente condivisa dalle principali associazioni di categoria, in Veneto come nel resto d’Italia. E allora vale la pena di andare a rileggere le ultime prese di posizione sul tema.

Confcommercio: liberalizzazione inutile e dannosa

Per il presidente di Confcommercio Veneto Massimo Zanon «un contenimento del numero di negozi aperti nei giorni festivi, oltre che per quella del personale, rappresenta la via maestra per la tutela del piccolo commercio, che continua a essere un valore anche sociale». La posizione dell’associazione dei commercianti è favorevole alla misura proposta da Di Maio: «Il Veneto chiedeva 20-24 aperture su 54 festività, escludendo dalle aperture le date più importanti del calendario – ricorda Zanon -. Credo  si possa senz’altro arrivare a una mediazione che possa soddisfare imprese, lavoratori e  cittadini, considerato anche i rischi a livello occupazionale, una mediazione che va condivisa a livello territoriale. Va tenuto conto, per inciso, che un giorno di chiusura festiva rappresenta per le imprese un risparmio in termini di costi fissi e di straordinari».

Lo scorso giugno Zanon aveva stimato con queste parole il danno provocato dalle liberalizzazioni ai piccoli commercianti: «Le 74mila piccole e medie imprese commerciali che hanno chiuso i battenti solo 3 anni dopo l’entrata in vigore delle liberalizzazioni parlano chiaro – aveva detto il presidente di Confcommercio Veneto -. Le aperture di 7 giorni su 7 non hanno portato ad alcun aumento della produttività e della competitività delle imprese, in compenso hanno decretato la fine di molte di queste, con conseguenti perdite di posti di lavoro». Parole simili a quelle scandite lo scorso agosto da Patrizio Bertin, presidente di Ascom Confcommercio Padova: «La liberalizzazione di Monti avrebbe dovuto aumentare il Pil addirittura di un punto percentuale e favorire la crescita dell’occupazione. Entrambi gli obiettivi sono falliti. Adesso – aveva ricordato Bertin – vogliamo sperare che l’esame parlamentare sia condiviso con le nostre organizzazioni e dobbiamo evitare gli errori del passato».

Alessandro Macciò

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