Decreto dignità, coro di critiche dalle imprese venete a Di Maio

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Riduzione della durata massima da 36 a 24 mesi e delle proroghe da cinque a quattro, reintroduzione delle causali a partire dal primo rinnovo, aumento del costo contributivo (+0,5% a rinnovo). Sono queste, in sintesi, le misure sui contratti a tempo determinato del «decreto dignità», varato dal ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio per contrastare il precariato. Misure che hanno subito sollevato un coro di critiche dal mondo delle imprese in tutta Italia. Il Veneto non fa eccezione: «Il decreto, se apparentemente difende il lavoro, di fatto indirettamente crea i presupposti che porteranno molte aziende a chiudere – dice Matteo Zoppas, presidente di Confindustria Veneto – Non siamo ancora usciti dalla crisi e ora molte aziende in bilico avranno il cappio al collo».

Ma la Cgil: direzione giusta

Per Agostino Bonomo, presidente di Confartigianato Veneto, il decreto dignità è un «atto ostile» alle imprese che produce «nuove complicazioni e il rischio di maggiori costi per chi intende avviare nuovi rapporti di lavoro». Il testo è giudicato «punitivo, sbagliato e dannoso» da Massimo Finco e Maria Cristina Piovesana, ai vertici della neonata Assindustria Veneto Centro: «La stretta sui contratti e la reintroduzione delle causali rischia di essere un boomerang. La “dignità” di cui il decreto si fa impropriamente portavoce punta a cancellare un percorso riformista che ha portato a valorizzare e regolamentare tutte le forme di lavoro, anche temporanee, che prima cadevano invece nel lavoro nero». L’unica sponda arriva dal mondo sindacale: Cristian Ferrari, segretario della Cgil Veneto, parla di «un primo timido passo nella direzione giusta» e bolla le critiche delle imprese come «strumentali e infondate».

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