A Padova il primo prelievo in apnea a 42 metri sott'acqua

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Prelievo da record all’Università di Padova: nella piscina più profonda del mondo, Y-40 The Deep Joy di Montegrotto Terme, il team del professor Gerardo Bosco ha effettuato prelievi di sangue arterioso su un campione di apneisti a -42 metri. L’obiettivo? Accedere ad un buon numero di dati utilizzabili in ambito medico, in particolare per studiare le problematiche respiratorie di bambini e anziani ed evolvere le terapie. Bosco è docente del Master in Medicina Subacquea e Iperbarica: «Si conosce ancora poco in questo contesto e quello che cerchiamo di fare è recuperare informazioni utili in medicina – spiega –. Usiamo lo sport per approfondire alcune domande ancora irrisolte, così gli apneisti volontari di Y-40® Training Club coordinati dagli istruttori Marco Mardollo e Pino Parzanese, ci hanno consentito di comprendere i valori di pressione parziale di ossigeno e di anidride carbonica a una profondità di -42 metri in apnea, quando il nostro organismo diventa un circuito chiuso che è possibile conoscere attraverso un prelievo arterioso di sangue preso dal braccio dall’arteria radiale».

Gli atleti, in seguito all’innesto di un ago con un piccolo “rubinetto” si sono sottoposti a tre prelievi: uno in superficie in ambulatorio, uno sul fondo della piscina dove sono scesi in assetto variabile per mezzo della slitta ed hanno incontrato un medico subacqueo, un terzo una volta ritornati in superficie.

«Ciò che caratterizza l’apnea è il tempo di sospensione volontaria dalla respirazione – prosegue Bosco – e a noi ricercatori interessa come utilizzare i dati emersi da questa fase per favorire la buona salute di bambini e anziani con difficoltà respiratorie. L’apnea, infatti, induce alcune modificazioni fisiologiche simili a certi problemi comuni in alcuni pazienti, come il richiamo di sangue dalla periferia al torace (blood shift) che tampona il pericolo di implosione toracica dovuta all’aumento di pressione, ma anche il riflesso da immersione che ci permette di abbassare la frequenza cardiaca per ottimizzare la nostra prestazione».

Il docente entra ancora più nel dettaglio: «Conoscere per la prima volta non in simulata, ma in ambiente vero, quali sono i valori emogasanalitici arteriosi di PO2 e PCO2 ci chiarisce gli aspetti legati a concetti di ipossia o ipossiemia, tipici della medicina clinica, non solo per l’invecchiamento in pneumologia o cardiologia, ma anche per il paziente critico in terapia intensiva. Conoscere i limiti dell’abbassamento della tensione di ossigeno o di innalzamento dell’anidride carbonica ci aiuta a modificare le terapie da mettere in atto».

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