Banca Intesa chiude il Centro Torri di Vicenza: 200 dipendenti a Padova

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Banca Intesa vuole chiudere il Centro Torri di Vicenza, il polo direzionale che si trova a Torri di Quartesolo lungo la statale che collega il capoluogo berico con Padova. Proprio nella città del Santo dovrebbero essere ricollocati circa 200 dipendenti dell’istituto di credito che per oggi 3 novembre 2016 hanno indetto una manifestazione davanti al palazzo con le finestre a specchio, che fu la storica sede della Banca Cattolica del Veneto, divenuta poi negli annianco Ambrosiano Veneto e successivamente Intesa Sanpaolo.

Il destino sembra quello del cambio di destinazione: l’istituto infatti vuole chiudere il centro direzionale entro il 30 giugno 2017 per risparmiare sugli alti costi di affitto e avrebbe già inviato la disdetta ai proprietari dello stabile di via Roma 5. Ai tempi d’oro il complesso dava lavoro a 800 persone. Oggi sono 320 i bancari che vi lavorano, e dovrebbero essere ricollocati.

In 115 saranno spostati in provincia di Vicenza e i restanti 205 a Sarmeola di Rubano, in provincia di Padova. «Pur approvando la scelta aziendale di risparmio sui costi non condividiamo il previsto esodo di più di 200 persone a Padova per un insieme di motivi facilmente intuibili – scrivono le rappresentanze sindacali del Centro Torri di Fabi, First Cisl, Fisca Cgil, Uilca Uil e Unisin –: innanzitutto si tratta di un importante presidio lavorativo per la Provincia di Vicenza, territorio già provato dalla crisi economica che va per quanto possibile salvaguardato; il Centro Torri ha attualmente un suo indotto che andrebbe distrutto quantificabile in decine di posti di lavoro; dal punto di vista della sostenibilità ambientale non è utile che centinaia di auto che prima si fermavano a Torri ora proseguano fino a Padova intasando ancora di più una viabilità già al collasso soprattutto in determinate ore».

«Per tutto questo e per salvaguardare le condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori – concludono i sindacati – abbiamo proposto alla direzione di affittare dei locali vicino ad un’altra proprietà del gruppo, scelta che consentirebbe di evitare l’esodo di cui sopra e il cui costo sarebbe risibile rispetto all’attuale (meno del 10%). Le nostre ci sembrano richieste di assoluto buon senso e per questo intendiamo sostenerle con la maggior forza possibile».

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