Dipendente in malattia? Guida pratica in 7 mosse

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Quali regole bisogna seguire per gestire la malattia di un lavoratore? È la domanda a cui risponde la consulente del lavoro Valentina Fabbruzzo sul magazine online Il Futuro al Lavoro diretto dall’avvocato del lavoro Gianluca Spolverato dello studio Spolverato Barillari & Partners. In sette semplici mosse, ecco riassunti i punti fondamentali da tenere a mente in casi di malattia.

Primo passo: quello che deve fare il lavoratore che si ammala. Sono tre i passaggi da rispettare. In primo luogo dare tempestiva informazione all’azienda dell’assenza, senza tuttavia la necessità, al momento, di specificarne i motivi; deve poi recarsi dal medico curante per accertare lo stato di malattia e farsi rilasciare il certificato; infine durante il periodo di malattia deve rispettare le fasce di reperibilità, che vanno dalle 10 alle 12 del mattino e dalle 17 alle 19 il pomeriggio, tutti i giorni, sabati domeniche e festivi compresi.

 

Valentina Fabbruzzo

Valentina Fabbruzzo

Secondo passo: come fare il certificato di malattia. «La certificazione attestante lo stato di malattia deve essere rilasciata da un medico del servizio sanitario nazionale (medico curante, ospedale, pronto soccorso) che la trasmette telematicamente all’Inps» spiega Valentina Fabbruzzo. «In caso di malattia inferiore a 10 giorni ed esclusivamente per la prima assenza dell’anno, è consentito presentare al datore di lavoro un certificato compilato da un medico non appartenente al sistema sanitario nazionale. In questa ipotesi, però, il lavoratore ha l’onere di trasmettere copia del documento all’Inps. È possibile, ma solo quando il medico non riesce a connettersi telematicamente con l’Inps o quando il sistema di comunicazione con l’istituto segnala la presenza di problemi, compilare il certificato su modulo cartaceo».

Il terzo passaggio è un chiarimento. Il lavoratore è tenuto a consegnare copia del certificato medico all’azienda? La risposta è “No”, perché dal 2011 è stato introdotto il sistema telematico di trasmissione immediata ed è dunque il datore di lavoro che, una volta constatata l’assenza per malattia del proprio dipendente, ha l’onere di entrare nel portale dell’Inps, accedendo tramite il pin aziendale, con delega per trasmissione alla pec aziendale o conferendo l’incarico all’intermediario abilitato, per verificare che il certificato medico sia stato pubblicato effettivamente.

Quarto passo: e se si sospetta che il dipendente stia simulando di essere malato? In questi caso il datore di lavoro può chiedere telematicamente che l’Inps effettui una visita medica di controllo, presso il domicilio del lavoratore, nelle fasce di reperibilità. L’Istituto comunica direttamente al datore di lavoro l’eventuale assenza alla visita e in questo caso  può sospendere l’erogazione del sussidio. L’azienda può procedere in via disciplinare.

Cinque: si può licenziare un dipendente perché rimane assente a lungo? La consulente del lavoro Valentina Fabbuozzo spiega che «sì, purché la malattia non sia imputabile all’azienda e il lavoratore abbia superato il cosiddetto periodo di comporto, ovvero il periodo di conservazione del posto di lavoro. I contratti collettivi stabiliscono la durata di tale periodo, che può essere computato per sommatoria, o sulla base della durata complessiva della singola malattia (comporto secco)».

Sesto punto. Che cosa succede se prima della scadenza del periodo di comporto il lavoratore, ancora malato, si mette in aspettativa, facendone richiesta scritta all’azienda? La possibilità è contemplata da alcuni contratti collettivi di lavoro, e prevede che il lavoratore mantenga il posto di lavoro ma non venga retribuito. «Se il lavoratore guarisce durante tale periodo, il datore di lavoro può legittimamente richiamarlo in servizio. Ma se invece persiste la sua malattia, egli non può essere licenziato» spiega la consulente. Potrà accadere solamente se il lavoratore non rientrerà in servizio dopo la fine del periodo di aspettativa, o se si assenterà di nuovo per malattia.

Infine il settimo quesito a cui risponde Valentina Fabbruzzo: persiste durante la malattia il potere disciplinare aziendale? La risposta è affermativa. «Il lavoratore in malattia, in particolare, deve astenersi da condotte che mettano in pericolo la sua tempestiva guarigione e, quindi, il suo rientro al lavoro – afferma Fabbruzzo – Tale comportamento integra una violazione dei doveri generali di correttezza, buona fede, diligenza e fedeltà, sottesi al rapporto di lavoro, di gravità tale da poter giustificare, valutate le circostanze del caso, eventualmente anche il licenziamento disciplinare».

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