Trivelle, blitz di Greenpeace su una piattaforma in Adriatico

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Un’azione spettacolare contro le trivelle in Adriatico, nello stile di Greenpeace: con un blitz un gruppo di attivisti in gommone ha raggiunto la piattaforma Agostino B, al largo di Marina di Ravenna, non lontano dal Veneto, e ha srotolato due enormi striscioni con la scritta “Stop trivelle” e “17 aprile vota Sì”. È successo oggi 30 marzo 2016.

L’obiettivo dell’associazione ambientalista è sensibilizzare gli italiani a votare Sì al refedendum che si terrà il 17 aprile contro le trivelle “sottocosta”, che tocca anche il Veneto, interessato da alcune domande di esplorazione in attorno al Delta del Po.

La mappa delle trivelle, regione per regione

“Trivelle fuorilegge”? Esposto a 30 procure

Durante il blitz Greenpeace ha annunciato di aver presentato in 30 procure italiane un corposo dossier sulle trivelle “fuorilegge”, oggetto di un rapporto (che si può leggere in pdf qui) che «ha reso pubblici per la prima volta i piani di monitoraggio di 34 impianti di proprietà di Eni – afferma l’associazione – svelando che in tre casi su quattro questi impianti non operano nel rispetto degli standard di qualità ambientale stabiliti dal Ministero dell’Ambiente».

Dati che, come denuncia la stessa Greenpeace, sono incompleti. Il Ministero dell’Ambiente ha fornito, rispondendo a un’istanza di accesso agli atti, solamente i piani di monitoraggio di 34 piattaforme, mentre le piattaforme attive nei mari italiani sono 135. «Siamo di fronte a una scelta non motivata del Ministero dell’Ambiente di limitare l’accesso agli atti, o all’assenza di monitoraggi?» chiede Greenpeace Italia.

Cozze a rischio

Dall’analisi dei dati ottenuti emerge la presenza di inquinanti nell’area marina intorno alle piattaforme «che spesso eccedono i valori limiti previsti dalle norme». Non è tutto: «Dal momento della pubblicazione del rapporto – denuncia l’associazione – non sono stati ancora resi pubblici dati istituzionali sulla salubrità delle cozze raccolte presso le piattaforme offshore e vendute come alimento. Per contro, i dati Ispra/Eni pubblicati da Greenpeace avevano segnalato, anche nei tessuti di questi mitili, concentrazioni talvolta preoccupanti di metalli pesanti e idrocarburi».

Greenpeace chiede alla magistratura di verificare correttezza e completezza delle analisi ambientali svolte, e la commestibilità delle cozze che vi crescono attorno. La piattaforma Agostino B, oggetto della protesta pacifica di Greenpeace, secondo i dati ENI forniti dal Ministero dell’Ambiente è una delle più inquinanti tra quelle monitorate. In funzione da 45 anni, oggi produce circa un quindicesimo di quanto produceva nel 1980, ma ha comunque concentrazioni di metalli pesanti e idrocarburi policiclici aromatici (IPA), nei sedimenti che la circondano, superiori ai valori degli standard di qualità ambientale (identificati dal DM 56/2009) per 11 inquinanti nel 2011 e per 12 inquinanti sia nel 2012 che nel 2013.

«Le circa 90 piattaforme interessate dal quesito referendario sono strutture vecchie e improduttive – dice Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e clima di Greenpeace – che versano spiccioli nelle casse pubbliche, impiegano pochissimi lavoratori, 70 stando al ministro Galletti, e che per contro spesso inquinano, e molto. Votando Sì al referendum del 17 aprile possiamo liberare il mare da queste vecchie carrette, senza alcun danno per il Paese».

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