Padova, Legambiente boccia il piano interventi

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È una bocciatura su tutta la linea quella che Legambiente e Italia Nostra di Padova riservano alla variante al Piano degli Interventi presentato dal sindaco Massimo Bitonci. Una variante definita «grigio cemento» che «aggredisce ulteriormente quel che resta dei cunei verdi, ossia di quei terreni che penetrano nella città urbanizzata salvaguardando la rete ecologica». La denuncia è in un corposo dossier lungo 11 pagine di osservazioni depositate dalle due associazioni ambientaliste in Comune.

“Voltafaccia di Bitonci”

«Questa variante conferma la previsione di una spropositata quantità di nuova edilizia residenziale – afferma Lorenzo Cabrelle del direttivo di Legambiente Padova – sulla base di stime di crescita demografica del tutto smentite dai dati dello stesso Comune, che certificano invece una calo della popolazione. Rappresenta perciò sin dalle premesse un palese voltafaccia agli impegni elettorali del Sindaco che, anziché diminuire la capacità insediativa dei precedenti piani, aggiunge ora nuova cubatura proprio su quelle aree verdi che aveva dichiarato di voler tutelare». Di seguito i punti criticati dalle associazioni.

Cunei verdi addio: si potrà costruire

Cunei verdi come riserva edificabile. «Con la scomparsa dell’obbligo di uso prioritario a verde, i terreni acquisiti dal Comune con la perequazione vengono trasformati in riserva edificabile per farvi calare ogni tipo di costruzione – affermano le associazioni – Al posto dei parchi potrebbero dunque sorgere ora nuove abitazioni, servizi ed impianti pubblici, spazi commerciali, senza alcun ragionevole limite di superficie».

Urbanistica spezzatino. «La variante elimina i perimetri che individuavano alcune zone di particolare pregio ed importanza, in cui era prima previsto un intervento unitario – attaccano Legambiente e Italia Nostra – In tali aree non sarà più dunque necessario procedere con la progettazione di uno stralcio minimo d’intervento pari ad almeno il 75% dell’area, ponendo così le premesse per un’urbanizzazione spezzettata che finirà per frammentare il poco verde rimasto».

Basso Isonzo: parcheggi e costruzioni

Accordi e nuove cubature. «Larga parte delle nuove volumetrie viene giustificata per consentire la sottoscrizione di “Accordi di pianificazione” con i privati, dai quali il Comune potrebbe ricavare gratuitamente aree da destinare a “servizi” – prosegue la denuncia – In diversi casi però l’utile pubblico è tutt’altro che dimostrabile. Decisamente negativo è, ad esempio, il caso delle proposte di accordo per i mappa passo isonzoterreni a nord del cuneo verde del Basso Isonzo con più di 20.000 mc di nuove costruzioni e parcheggi di dubbio interesse pubblico, così come l’accordo A012 per il parcheggio di via Plebiscito, che ben esemplifica la logica del “cemento in cambio di asfalto” ovvero si concedono nuove volumetrie edilizie ai privati (da far atterrare nelle aree di perequazione, in questo caso di via Plebiscito) non per incrementare il verde pubblico, bensì per ottenere gratuitamente aree da asfaltare con strade e parcheggi».

Meno alberi. Tra le novità contestate c’è la forte riduzione dell’obbligo di piantare nuovi alberi in seguito alle lottizzazioni nelle aree di perequazione. «La nuova norma riduce infatti di circa due terzi le nuove alberature, destinandole alle sole aree private, sottolineando così come nei terreni ceduti al Comune l’interesse prevalente non sia tanto la realizzazione di parchi ma un loro futuro utilizzo per ulteriori edificazioni» affermano Legambiente e Italia Nostra.

Negozi nei parchi. Contestata anche la nuova norma che consente di realizzare all’interno dei parchi generici “negozi di vicinato”. «Non quindi spazi per lo svago e il ristoro come quelli già oggi esistenti, ma veri e propri luoghi dedicati allo shopping, che comporterebbero un improprio consumo di area verde» secondo gli ambientalisti.

Argini agricoli ed errori di calcolo. «Forte è il dubbio che la riconversione in aree agricole delle aree arginali e golenali, sia finalizzata ad aumentare la superficie di suolo agricolo trasformabile e quindi edificabile, che per legge non può superare lo 0,65% della superficie agricola totale» si legge nella denuncia. Gli ambientalisti rilevano un possibile clamoroso errore di calcolo del Comune, «unica spiegazione – dicono – al presunto improvviso raddoppio dei terreni agricoli presenti nel territorio comunale».

Scompaiono i paleoalvei. Altro punto critico è la scomparsa dalla variante dei paleoalvei, ossia i segni dei vecchi corsi d’acqua presenti in località San Lazzaro a Padova Est (nei terreni un cui dovrebbe sorgere il nuovo ospedale) e quelli nell’area classificata come “Cittadella dello Sport” a Padova Ovest. «Eppure – dicono gli ambientalisti – la tutela dei paleoalvei non può essere eliminata da una variante al Piano degli Interventi, in contrasto con la pianificazione strategica comunale ed intercomunale (PAT e PATI) che ha individuato in questi brani del territorio delle invarianti di natura idrogeologica, con potenziale valore ambientale e paesaggistico».

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