Impresa Padova, la fiducia non basta: 1° trimestre -1,7%

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L’industria padovana inizia l’anno con il piede incerto. La produzione nel primo trimestre 2015 arretra su base annua dell’1,7%, penalizzata dal calendario. Dati migliori sugli ordini. Torna positivo l’export, ma la notizia più interessante è per l’Italia, con la domanda interna in recupero. I segnali reali di ripresa stentano ancora a seguire i sintomi di schiarita. E tuttavia, anche se tra luci e ombre, con ampie oscillazioni settoriali, il tempo sembra volgere lentamente al bello. Migliora il clima di fiducia delle imprese sui prossimi mesi, con indici anticipatori e investimenti in rialzo. Restano interrogativi sulla velocità di risalita. Diventa imperativo agire su competitività ed investimenti. E tenere la barra dritta sulle riforme.

Nel primo trimestre 2015 l’indice della produzione industriale registra una flessione del -1,7% rispetto allo stesso periodo del 2014, penalizzata dagli effetti di calendario (due giorni lavorativi in meno). La variazione negativa riguarda tutto il manifatturiero (-1,6%) ed è pesante per le costruzioni (-8,9%), recuperano i servizi (+0,6%). Solo le microimprese aumentano la produzione (+1,3%), soffrono di più le grandi (-2% oltre 50 addetti). La variazione degli ordinativi è di poco positiva (+0,6%), sui livelli del trimestre precedente. Migliora leggermente la visibilità: per il 31,7% delle imprese l’orizzonte di lavoro assicurato dal portafoglio ordini non arriva a un mese, il 27,7% ha ordini per più di tre mesi. La buona notizia riguarda l’Italia, con le vendite interne in salutare recupero su base annua (+1,1%) e dato segnatamente positivo per le aziende oltre 50 addetti (+3,9%) e il metalmeccanico (+3,4%). Tornano in quadrante positivo le vendite all’estero, con variazione del +0,7%, molto più tonica per le microimprese (+5,7%). La ripresa nell’Eurozona sostiene le vendite in Europa (+2,3%), rallentano quelle extra-Ue (-2%).

L’indice dell’occupazione si stabilizza (-0,02% su base annua), con variazione positiva nel manifatturiero (+0,7%), in caduta nelle costruzioni (-6,6). Migliore il dato sotto i 10 addetti (+1,5%). La tenuta è favorita dall’aumento dei contratti a tempo indeterminato, pari al 38% delle nuove assunzioni (dal 22,9), diminuisce il tempo determinato (42,1%), stabile l’interinale (19,9).

Il riavvio del ciclo economico stenta a consolidarsi. Il leggero rialzo del greggio si trasferisce sui prezzi delle materie prime, in aumento per il 30,5%. Migliorano le condizioni di offerta del credito, seppure lentamente e in modo differenziato, con rialzo dei tassi di interesse bancari solo per il 13,2% delle imprese, ma costo superiore all’area Euro. La liquidità aziendale è giudicata tesa dal 27%, anche a causa dei tempi di pagamento: il 49,5% (stabile) lamenta ritardi.

Le previsioni per il secondo trimestre segnalano un diffuso miglioramento del clima di fiducia delle imprese. La produzione è attesa in crescita dal 29,4%, in calo dal 19,8%: saldo di opinione da +4 a +10. Prosegue il recupero degli ordini interni, in aumento per il 24,1%, in calo per il 19,1%. Più intonata la fiducia sulla domanda estera, in aumento per il 29,3%, giù per il 12,5. Il 64,8% giudica stabili le prospettive dell’occupazione, il 19,3% aumenterà gli organici (e 4 su 10 saranno laureati). Le potenti spinte esterne e il contesto globale favorevole, incoraggiano gli investimenti, previsti nei prossimi dodici mesi dal 70,4% delle aziende. Il 27,8% aumenterà gli impieghi, il 39,9% li manterrà stabili. Prevalgono gli investimenti in R&S, sostituzione di impianti, innovazione tecnologica, ampliamento della capacità produttiva.

«I dati di inizio 2015 ci consegnano un quadro più debole del previsto, nel quale stenta a ricomporsi la prolungata divergenza tra i sintomi di schiarita congiunturale, segnalati dalle indagini qualitative, e i dati statistici oggettivi, a lungo deludenti. E tuttavia, anche se tra ombre e luci, come il recupero della domanda interna e lo stabilizzarsi del lavoro, si riscontra in prospettiva un miglioramento della fiducia degli imprenditori e della propensione ad investire, dovuto alla spinta di fattori esterni e agli effetti di alcune misure, come la nuova Sabatini e la decontribuzione per i neoassunti che va resa strutturale. Bisogna alimentare questa fiducia, non accontentarci di una crescita dello zero virgola. Se l’Italia non cambia i fondamentali di efficienza della macchina pubblica e istituzionale, spostando decisamente le risorse dalla spesa corrente agli investimenti strutturali, siano sulle grandi opere, sulla ricerca o il mercato del lavoro, onestamente sarà difficile una ripresa vera. Ogni nuova misura del Governo andrà valutata sulla capacità di sostenere l’industria e quindi la crescita». Così il presidente di Confindustria Padova, Massimo Finco commenta i risultati dell’indagine congiunturale realizzata da Ufficio Studi di Confindustria Padova, in collaborazione con Fondazione Nord Est, su un campione di 328 imprese.

«La situazione economica internazionale – dichiara Finco – continua ad essere favorevole alla ripresa in Italia, grazie alla potente spinta dei bassi tassi d’interesse, euro meno forte, prezzo del petrolio. Ma non durerà per sempre e comunque non è sufficiente. Non esistono bacchette magiche per la ripresa, ma una concreta agenda di riforme strutturali, non solo da approvare ma da attuare, come la riforma della Pubblica amministrazione o la delega fiscale. È imperativo agire sul contesto in cui operano le imprese, sul rilancio degli investimenti pubblici e privati, con più risorse sul credito d’imposta per l’innovazione e sull’acquisto di beni strumentali. E cancellando norme contrarie a ogni logica di sviluppo e buon senso, come l’Imu sui macchinari imbullonati. Semplificazione e certezza del diritto, politica fiscale espansiva e un ampio disegno di politica industriale, che ridiano fiducia ai consumatori e alle imprese».

L’ultima riflessione è sulle banche. «Le fibrillazioni in atto – sottolinea Finco – non distraggano dalla missione di finanziare l’economia reale. L’enorme liquidità immessa dalla Bce deve affluire alle imprese. Chiedo alle maggiori banche che operano in Veneto di finanziare i piani di sviluppo delle aziende, gli investimenti e la proiezione all’estero, per tirarci insieme fuori dalle secche. Questo stimolerà anche l’impiego di capitali propri e di nuovi canali finanziari».

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